venerdì 29 gennaio 2010

La legna


Ieri è arrivata la legna. Ne avevo chiesta giusto un po’, per questo ultimo mese di inverno, me ne hanno portata un metro cubo perché qua si vende a metro cubo e non c’è verso di dirgli “ti pago uguale, dammene meno”, no, un metro cubo e un metro cubo sia (che poi è un metro per un metro per un metro e trenta, che chiamano metro cubo, perché così si tiene conto degli interstizi tra i ciocchi). Il tipo è arrivato con una golf gialla anni ’80, euro 1, mezza scassata ed probabilmente a suo tempo rubata (con ancora l’adesivo “D” di Deutschland sul baule) con attaccato un carretto pieno zeppo di legna. L’ha quindi depositata all’ingresso del palazzo, m’ha sorriso con la dentatura “un dente si uno no”, s’è preso i soldi e se l’è sgommata via.

Davanti a me, nella neve fresca, il metro cubo. Da portare al secondo piano, fino al mio appartamento (no, non c’è l’ascensore, si, nevicava). Dopo 5 viaggi ho stimato in una cinquantina i giri da fare. Troppi. Dopo 10 ho iniziato a caricare al massimo la mia amica cassetta, per diminuire le ascese. Al ventesimo ho pensato di lasciare ai cittadini di Plužine un paio di alberi sotto forma di ciocchi in mezzo alla via. Al venticinquesimo ho visto la fine del tunnel. Al trentesimo s’è rotta la cassetta ma oramai era troppo tardi perché la sfiga potesse accanirsi ed ho festeggiato il trentaduesimo giro con l’ultimo carico.


Prima considerazione: 32 giri x 32 gradini = 1.024 gradini --> 1.024 x 0,15 m (h del gradino) = 153,6 m a salire e 153,6 m a scendere, 2 ore di lavoro (in effetti a pranzo avevo una certa fame).

Seconda considerazione: non conta la meta ma il viaggio, i risultati sofferti sono quelli più apprezzati (ma lo sapevamo già, senza bisogno della riprova).

Terza considerazione: ma che me ne faccio di un metro cubo di legna?

mercoledì 27 gennaio 2010

Mare e monti


Sabato siamo andati a sciare a Žabljak, nel cuore del parco del Durmitor, patrimonio dell’UNESCO. L’albergo era un residuato anni ’60, ma dignitoso e soprattutto molto molto caldo. La mattina sveglia presto sicuri di poter inforcare gli sci alle 8, colazione abbondante e via sulle piste, sennonché prima delle 10, giustamente, le maestranze sciistiche non si son fatte vedere. Il noleggia-sci, un uomo dai modi delicati come i calci di un mulo, vistici stranieri quindi facoltosi, ha cercato di farci pagare il doppio per l’ora di lezione, gli sci e gli scarponi ma gli è andata male. Vinca, la nostra maestra di sci, madrelingua montenegrina e basta (mater semper certa), ci ha reso edotti, a gesti e con semplici frasi, della nobile arte della discesa e per un paio d’ore abbiamo fatto su e giù come dei bambini disadattati. Pranzo a base di čorba (zuppa) di pollo e sarma nel ristorante sulle piste. Nel riconsegnare gli attrezzi il noleggia-sci ha dimostrato di avere mani in grado di stordire tori, cercando di procurarmi una frattura scomposta del metacarpo stringendomi la mano.

Il bilancio della prima esperienza sugli sci è più che positivo: un paio di volte mi sono ribaltato malamente ma a parte le difficoltà nel rialzarmi, cosa che mi incaponivo di fare senza sganciare gli sci, non ci sono state grosse controindicazioni per un bis il prossimo finesettimana.

Sabato sera serata film a Podgorica, domenica mattina corsettina sulla Gorica, la collina che da il nome alla capitale, con la Manu e pomeriggio al mare, a Budva. Sfregiata da un boom edilizio deregolamentato (mica come da noi in Italia), ha mantenuto una pittoresca Stari Grad (città vecchia), con case basse in pietra, vie strette e buoni ristoranti in cui mangiare un’ottima zuppa di pesce. Domenica sera ci siamo gustati il derby con telecronaca in serbo e lunedì mattina, preso il bus alle 7.40, me ne sono tornato a Plužine.

Montagna e mare, attività sportiva e buone mangiate, cosa si può voler di più dalla vita?


Un appunto sui costi della giornata sugli sci:

- Noleggio sci e scarponi per tutta la giornata: 5 €

- Un’ora di maestro di sci: 10 €

- Skipass giornaliero: 15 €

- Notte in albergo: 23 € (ma la prossima volta si va in appartamento, 10 €)

- Vitto: 20 € (12 la cena, 8 il pranzo)

Le piste certo non sono quelle di Madonna di Campiglio e probabilmente manco di Foppolo ma per ora ci accontentiamo.

venerdì 22 gennaio 2010

La Slava


Il 20 di gennaio, per chi non lo sapesse, è San Giovanni, non il patrono di Sesto, quello è il 24 giugno, quell’altro, Battista. San Giovanni Battista è un santo che piace e tira qui in Montenegro, tanto che numerose famiglie ce l’hanno come santo protettore e il 20 gennaio lo festeggiano con la cosiddetta Slava. Cioè, ogni santo è festeggiato con la Slava: se hai San Ilario come protettore festeggi il 13 gennaio, se hai San Crispino il 25 ottobre e mi fermo qui che sono un bel po’ ‘sti santi, specialmente dopo la stagione delle beatificazioni facili di Papa Wojtyla, ma stiamo divagando.

La cerimonia avviene in casa, con i parenti riuniti, e Miles ed io, avendo conoscenze in alto (l’abate è quasi 2 metri), siamo stati invitati ad assistere ad una di queste. Entrati in casa, facendo la solita figura barbina con le quattro parole in serbo a disposizione, ci siamo sistemati intorno ad una tavola imbandita con trote, agnello e maiale alla griglia, immancabili affettati caserecci, sarma (stufato di foglia di cavolo con ripieno di riso e carne trita, che da oggi è il mio secondo piatto preferito dopo la pasta coi broccoli), insalata russa, patate, dolcetti vari, tutto in quantità montenegrina.

La cerimonia di per se è rapida ed indolore, ma suggestiva: il prelato si mette a capotavola, inizia a cantilenare lemmi incomprensibile ed ipnotici, sparge incenso, prende una focacciona tonda (la slavski kolač), la fa ruotare, la incide lungo cardo e decumano, versa in centro del vino poi ci si tutti mette in cerchio e, tenendola ognuno con le dita di una mano, la si fa ruotare a nostra volta, la focacciona, sempre con il bizantino sottofondo. Poi un sacco di “nel nome del padre etc” e si inizia a mangiare. 10 minuti di cerimonia e 4 ore di pranzo. Come dire, un banchetto vale pure una messa!


Ps la foto della focacciona è da internet, non ho avuto il tempismo di scattarne una..

mercoledì 20 gennaio 2010

Cose che succedono a Plužine


Ad andare a cena fuori con l’abate può capitare che questi inviti un amico. E può capitare che l’amico tiri fuori dalla tasca della giacca sdrucita una foto che ritragga il nonno, a cavallo, generale sotto Pietro I e che inizi a vantarsi delle sue nobili origine. E che ad un certo punto inizino a parlare in serbo, l’amico si alzi di scatto, metta via la foto, prenda un coltello e una scatola di cartone e ci faccia dei buchi, poi esca dal Sočica e, mentre l’abate al nostro “What the fuck is he doing?” risponde ridendo “He is going for caching a cat, I need one for mice and snakes”, quello rientri gridando “mačka, mačka!” tenendo per la collottola un gatto infreddolito e un po’ stupito e lo cacci senza troppi complimenti nella scatola. Poi ritorni tronfio al tavolo e ordini un’altra birra.


Cacciatore di gatti, degno discendente di nobile stirpe.


In foto la strada per Crkvičko Poljie, che non c'entra niente col post ma foto del gatto per ora non ne ho.

sabato 16 gennaio 2010

Impantanati


La differenza tra una frase intelligente e una priva di senso, stupida come una porta senza maniglia, spesso risiede nel momento in cui viene detta. Ad esempio: chiedere “Brano, secondo te ce la facciamo ad uscirne” prima di infilarsi con la Lada in un cratere fangoso ha un significato su cui si può discutere. Farlo dopo essercisi cacciati, molto, molto meno. L’ora e mezza spesa per tirar fuori la tonnellata di vetero - tecnologia sovietica è trascorsa tra momenti comici, scoramento, mani e pantaloni pieni di fango, freddo, eroici ed inutili tentativi e “vai di swift” (per sapere tutto sulla leggendaria nascita dello swift, cliccare QUI per sapere cos’è lo swift o, meglio, il twist, cliccare QUI: dai test effettuati però da fermi non funziona.. Andy, confermi?). Alla fine, con l’aiuto di un Gran Cherokee chiamato in soccorso dallo zio di Brano, ne siamo venuti fuori.


Per fissare i cartelli dei sentieri c’eravamo spinti oltre. La situazione era disperata quanto all'improvviso.. ecco apparire un fuoristrada degno di questo nome! “tuuuruuutuutururu”. Amaro Monte Negro, sapore vero.


In foto la Lada, in piega.

giovedì 14 gennaio 2010

Sapore vero

Per il calendario ortodosso ieri era l’ultimo dell’anno. Zvono era chiuso per penuria di clienti. Al Sočica si dava invece una festa privata che purtroppo non ci vedeva tra gli invitati. Così abbiamo ripiegato sul Pivko, ristorante sulla strada Podgorica – Sarajevo. Unici clienti Miles, l’abate, il capo della polizia ed io. Carne grigliata per loro e pesce per me, per stare leggero. Demolite con calma le due trote con patate, sullo strato d’olio, che sempre accompagna abbondante ogni prelibatezza locale, occhieggiava una blatta arrostita, di quelle color senape e antenne lunghe e sottili. La convinzione che si trovasse all’interno del pesce, come preda (cosa che, chissà perché, mi avrebbe infastidito meno), è svanita quando ho visto, alle spalle dell’abate, una sua amica ancora cruda zampettare allegramente sulla parete. Abbiamo quindi appurato con l’imbarazzata cameriera che non ci fosse un extra costo per la bubarusa (scarrafone, in serbo) e domandato il conto. Nessuno per precauzione ha chiesto caffè, dolce o amari e the sceriff, come lo chiama l’abate, ha deciso che si pagava alla montenegrina, ossia ha offerto lui. Ritorno sulla Lada della polizia locale, costantemente in terza sopra i 70, tagliando curve che manco Raikkonen e laku noć a tutti, con il sottofondo di qualche botto sparato dai giovani del paese.


Come direbbe mio papà: cosa c’è di peggio del trovare una blatta nel piatto? Trovarcene mezza.

mercoledì 13 gennaio 2010

Camminare


Ero certo che in casa a Plužine, dopo 20 giorni di riscaldamento spento, ci fossero 5 gradi (anche se speravo 10). Invece ad attendermi c’era poca neve grazie a due settimane di pioggia ininterrotta (non si devono essere divertiti molto negli ultimi 15 giorni), giornate serene. E così il ritorno alla quotidianità d’oltre Adriatico è stata meno traumatica del previsto. Complice la notoria scarsità di attrattive culturali ho passato due giorni a lavorare, leggere, guardar film e dormire, ricaricandomi dallo stress delle vacanze. Davvero qui si vive ad un’altra velocità. O forse sono io che, lontano da Milano, innesto la seconda e tiro pure il freno a mano.


Ho appena finito di leggere “Il sergente nella neve di Rigoni-Stern”, consigliatomi anni fa da un caro amico. A parte la bellezza del libro, mi ha fatto riflettere sulla mia concezione di freddo e fatica. Marciare con -30°, nella tormenta con una coperta addosso, scarpe sfondate tenute su col fil di ferro, poco o niente da mangiare, zaino da alpino sulle spalle, sperando il prossimo villaggio davvero ci sia. "Cammina, cammina, ogni passo che facciamo è uno di meno che dovremo fare per arrivare a baita".


Infine una bella frase di Eduardo Galeano, a proposito del camminare:


“L'utopia è come l'orizzonte.

Mi avvicino di due passi, e si allontana di due passi.

Cammino per dieci passi e l'orizzonte si sposta di dieci passi più in là.

Per quanto io cammini, non lo raggiungerò mai.

A cosa serve allora l'utopia?

Serve proprio a questo: a camminare”


In foto il mare a Salerno, il 3 di gennaio. Non c'entra nulla ma pure il post non è che abbia molto senso.

venerdì 8 gennaio 2010

le chiavi di casa


Non trovare le chiavi di casa può creare una certa ansia, soprattutto se sono l’unico paio esistente. E così la mattinata di oggi è iniziata con la caccia al tesoro delle chiavi della casa di Plužine. Il gioco ha preso avvio a casa dei genitori della Simo in via Ampere, dove ignaro m'ero placidamente svegliato stamattina, ed è proseguito telefonicamente a casa dei miei. Dati gli scarsi risultati dei primi due tentativi s’è reso necessario un primo spostamento in bici fino a via Canonica, con il coefficiente di difficoltà “pioggia” inserito. Arrivato di fronte alla porta di casa ho constatato d'aver lasciato le chiavi di Canonica in Ampere. Sono quindi tornato in Ampere, ho preso le chiavi di Canonica, sono tornato in Canonica e dopo una breve ricerca ho scovato le chiavi di Plužine (partita vinta in 6 mosse e 15 km sotto la pioggia). Mentre tornavo garrulo e giulivo verso Ampere una lente degli occhiali s’è staccata, a causa delle vibrazioni della bici sul ciottolato. Miracolosamente intatta, è stata raccolta e rimontata in sede, mentre ridevo come un bischero, fradicio di pioggia.

Lezioni della giornata:

1) come suggerisce anche la “Guida galattica per autostoppisti”, non farsi prendere dal panico!

2) le lenti degli occhiali hanno proprietà misteriose: possono infrangersi cadendo sul parquet da un comodino o non riportare un graffio rimbalzando sui sanpietrini da una bici in corsa

3) quando ripongo un oggetto importante, per quanta attenzione ci possa mettere, non ricorderò dove l'ho messo. ho una memoria da pesce rosso, niente da fare