giovedì 24 dicembre 2009

ritorno a casa


Jovan mi saluta, abbraccio e pacca sulla spalla. “Se riesco a partire ci si vede a gennaio”. E lui, con il suo italiano-serbo “Ma dai Roby, sicuro parti”. Appunto. Quattro gocce e un po’ di nebbia e il potente sistema aeroportuale montenegrino va in tilt, voli cancellati a Podgorica e Tivat. L’Austrian ci propone sistemazione al 4stelle City Hotel di Podgorica, taxi a/r, cena e colazione e la cosa rende tutti i passeggeri accomodanti e pacifici. La mattina dopo traumatico risveglio alle 6, un quarto d’ora a cercare la tessera per accendere la luce, al buio, running breakfast e via in aeroporto. Piove come se non ci fosse un domani e all’aeroporto continua a saltare la luce ma oggi gli aerei volano. Scalo a Vienna, faccio due chiacchiere con una ragazza della nazionale austriaca di sci, all’aeroporto in cerca del suo bagaglio smarrito tre giorni prima. Sinistro presagio. Arrivo a Malpensa in perfetto orario alle 15.10. Iniziano ad arrivare i bagagli sul nastro numero 2 . Verso le 16 inizio a sospettare che ci sia qualcosa che non va. Alle 16.15 sono in coda per la denuncia di smarrimento. Alle 17.15 completo la denuncia. Ultimo giro per l’aeroporto, tra centinaia di valigie abbandonate. Riconosco un trolley che gira, da ore, sul nastro 3. Va bene perdere le valigie, ma smarrire i proprietari..

Dal momento in cui sono partito con Jovan per l’aeroporto, il 22 dicembre A.D. 2009 alle 15, al momento in cui ho messo piede in casa a Milano, il 23 alle 19, sono trascorse 28 ore. La prossima volta me la faccio in treno.

martedì 22 dicembre 2009

sono sempre i migliori che se ne vanno.. ma magari tornano


Assieme s’è trincato Jagermeister, s’è andato a mangiare cinese nell’unico ristorante cinese senza cinesi, s’è fatto del rally sulla neve, s’è discusso con passione delle radici della parola “boccaccio” (non il poeta, il barattolo per la passata), s’è giocato a risiko e dadi, s’è esplorato e camminato, si sono tirate su sizze e onorato le tavole dei nostri ospiti. La preparazione del risotto, il cinema italiano di serie B, i diritti dell’uomo, il Kossovo e il kaimak, la Palestina e la pelinkovac, cooperazione e magagne, chiacchiere e disamine appassionate.

Già ci mancate, cari. Sarebbe stato bello aver più tempo da passare assieme, ma le ore trascorse con voi sono volate.

Ciao ragazzi, buon ritorno a casa. Vidimose!


ps video meraviglioso segnalato da Vincenzo. clicca QUI

venerdì 18 dicembre 2009

a cena dall'abate

Nikifor, abate del Monastero di Piva, è un serbo di Novi Pazar di circa un centinaio di kg distribuiti su poco meno di 2 metri di altezza. Barba e capelli rossi, una volta a settimana ci tiene compagnia con i suoi racconti e la sua risata contagiosa. La perpetua, the Cooklady, sapientemente gestisce la grande profusione di messi che, un po’ dai terreni del monastero, un po’ dalle donazioni dei devoti, transitano per grande casa dell’abate.

Dato che ultimamente una gospoða (ossia una sciura) con, immagino, qualche peccato di gioventù da farsi perdonare, ha fatto generoso dono di settanta (70) kg di pesce, siamo stati inviata a cena. Peperoni imbottiti con riso e pesce, pesce in padella con verdure, pane fatto in casa (mitica Cooklady), birra e rakjia domača. Oltre all’abate, Miles ed io, erano seduti al desco tre seminaristi direttamente dalla scuola di teologia di Cetinje e il prete di Plužine, the Singingpriest. Quest’ultimo, per tenere fede al soprannome e su nostra grande richiesta ci ha deliziato intonando possenti canti bizantini, con una voce baritonale da far tremare tavolo e bicchieri. È poi iniziata la discussione “esistenza di dio”, ma, giuro, è stato il Singingpriest a provocare.

Sulla strada del ritorno, Miles ed io concordavamo che davvero ci sono poche cose sadicamente divertenti, almeno su a Plužine, si intende, come ribattere ai tentativi di un prete ortodosso di articolare un discorso logico a dimostrazione dell’esistenza di dio, con tre seminaristi diciassettenni come pubblico, tra l’interdetto e il divertito.


Nella foto il monastero, coperto dalla neve.

martedì 15 dicembre 2009

abbigliamento pesante


Oggi la Lada se la pattinava meglio di Karolina Kostner. Gli autoctoni la considerano una specie di mito dell'industria sovietica (la Lada, ovviamente). Stanno sempre a dire “Dobar automobil”, poi c’hanno tutti Toyota, Nissan e Range Rover, e non si capisce se ti prendano per il culo o se siano seri. Mentre slittavamo garruli scodando come quando si fanno i freni a mano nei parcheggi, Miles ha ricordato che, sempre a detta del montenegrino montanaro, l’unico difetto della Lada è che tende a ribaltarsi. Risata per sdrammatizzare e religioso silenzio fino all'arrivo a Plužine.

In auto, cercando di scaldarmi i piedi, riflettevo su quanti chili di vestiti avessi su. Oltre alle mutande, sfoggiavo calzino di pile, canottiera in lana, di quelle gialline e senza maniche con lo scollo profondissimo un po’ slabbrato e fuseaux, quelli a mezza gamba, da corte francese dell’ottocento, con sopra i jeans. Quindi una maglietta della salute di cotone, una maglietta super tecnica in poliestere, primo maglione in lana di alpaca made in Perù e secondo maglione, per non sbagliare, anch’esso di lana. A chiudere scarponi da trekking, piumino e sciarpa in cachemire scroccata ad una fiera in Bocconi fingendomi uditore (si pagava un migliaio di euro per l'ingresso, però ti davano la sciarpa). E, con la mangiata che c’eravam fatti su a Crvićko Polje (Crvićko è impronunciabile, si dovrebbe leggere Zrvicko, Miles ed io diciamo Polje e ci capiamo) al ristorante del nostro collega Jovan che d’estate gestisce l’Eko Selo Jugoslavia (che cosa sia un Eko Selo lo spiego un’altra volta), dicevo, con la mangiata che ci siam fatti (pranzo di lavoro, eh?) di combustibile da bruciare ce n’era.

AAA cercasi mutandoni di lana grossa alla Super Pippo.

nella foto: mucche in fuga sulla strada per Trsa (in un punto della strada stranamente senza neve)

lunedì 14 dicembre 2009

lettera a natale babbo


Ieri Miles ed io s’è tentato di andare a Žabliak. Ma dopo esserci infossati in 50 cm di neve, placida e inamovibile adagiata sulla strada, e aver pattinato con le gomme su strade ghiacciate che il guardrail lo vedranno tra qualche decennio, abbiamo ritenuto saggio desistere, ce ne siamo tornati a casa e ci siamo consolati con una robusta fagiolata.
Mancano una decina di giorni, e sarò in Italia, dopo le prime 6 settimane in terra montenegrina. E se fuori nevica come solo in Siberia credevo potesse nevicare, fa un freddo che manco i cani hanno voglia di abbaiare, il tramonto ti sorprende alle 4, beh, mi sento in diritto di aver un po’ nostalgia di casa. Ogni tanto mi sembra d’essere arrivato ieri, ogni tanto mi sembra siano passati 6 mesi. E oggi è uno dei secondi “ogni tanto”.
Si parlava, davanti al caldo legume, delle cose che faremo appena arrivati in Italia. Per me sicuramente colazione con caffè e brioche al bar. Poi una pizza come San Ciro protettore della passata comanda. Un gelato dal Massimo con la Simo, il pranzo di Natale con tutta la famiglia. Una serata con i miei amici, di quelle che potrebbero durare una settimana, come quella quando sono partito. Una nuotata in piscina, una corsa al parco. Poi un giro in bici con la mia fida Nerina per le strade di Milano, cantando e pedalando come un pazzo. Gli amici di Poliedra da andare a trovare. Poi teatro e cinema, un aperitivo con gli amici dell’università. Una chiacchierata con la mia sorellina. Una con la Marta. Prendere il treno, l’espresso notturno delle 20, andare a trovare il nonno, ed ascoltare una volta ancora, i suoi racconti, sempre gli stessi, sempre diversi.
Chiedo troppo per questo Natale? Non so, però mi basta.

giovedì 10 dicembre 2009

tarallucci e vino

Sono a Podgorica stasera. Aspetto che mi passino a prendere per andare all'hotel Crna Gora dove ci attende un concerto violino e pianoforte. Concerto che precede l'esposizione-buffet di prodotti tipici pugliesi.. Quant'è dura a volte la vita del cooperante..

mercoledì 9 dicembre 2009

Piva Lake

Un'immagine del lago Piva (su cui la ridente Plužine si affaccia), scattata nel corso di una passeggiata con la Simo.

venerdì 4 dicembre 2009

extreme running

Ieri finalmente ha smesso di piovere/nevicare/grandinare. Così, quando alle 7 la sveglia è suonata, ho fatto una rapida colazione e mi sono capottato per le strade di Plužine. Strade che mi piacerebbe poter dire deserte ma che in realtà, la mattina, sono animate dai bambini diretti a scuola, che guarda caso è proprio dietro il mio lussuoso loft. Ho quindi schivato gli sguardi divertiti dalla bambinanza locale (andare in giro in fuseaux e maglietta aderente nera da uomo ragno a Plužine alle 7.30 di mattina necessita grande autostima), mi sono inerpicato sulla strada che porta al super Albona ed ho iniziato il solito giro, sulla riva del lago.

Ad attendermi una strada trasformata in un campo di addestramento dei marines, con fango alto 4 pollici (10,16 cm), che ha reso, dopo qualche metro, le scarpe pesanti come gli anfibi in dotazione al corpo degli alpini. Dopo un patetico tentativo di proseguire al grido de “il cucchiaio non esiste”, scivolando e affondando nella fanghiglia, ho girato i tacchi, direzione casa (il fango esiste, confermo).

E qui l’errore: visto un sentiero, l’ho imboccato gioioso, infilandomi nel bosco.

Al termine della corsa: mi sono perso innumerevoli volte, ho corso dentro un ruscello e in una specie di permafrost acquoso, mi sono graffiato braccia e gambe con un arbusto insidiosissimo che credo si chiami Spinosus Maledictus e ho saltato una recinzione di filo spinato stile Olio Cuore (no, non ho fatto lo splendido passandola all’ostacolista. Il filo spinato non viene giù se lo prendi con la seconda gamba). Tutto questo violando 4 proprietà private, con latrati di cani in sottofondo. Alla fine, uscito dalla foresta, ho salutato, con estrema nonchalance, un paio di autoctoni un po’ interdetti e me ne sono tornato un po’ pesto ma gaio alla mia kuča.

Ho imparato una cosa: quando temi che le tue chiappe possano essere scambiate per pappa per cani, la paura di spaccarti una caviglia correndo a rottadicollo in discesa passa decisamente in secondo piano.

mercoledì 2 dicembre 2009

Candlelight

Quanto di seguito riportato avveniva ieri, 1 dicembre 2009.


Ore 12.00

Lo scorso di fine settimana ha iniziato a piovere, dopo 3 settimane di sole scintillante e cieli tersi. Ieri, tra le 18 e le 22, per sette volte mi è toccato andare a sbattere contro mobili e pensili, insultare il Dio del “fiat lux” ed accendere i tre moccoli di candela che il padrone di casa ha gentilmente inserito tra gli optional della mia lussuosa kuča (casa).



Oggi la luce c’è, il che ci permette di lavorare, ma le robuste secchiate d’acqua che stanno flagellando la già abbastanza infelice municipalità di Plužine hanno fatto saltare la connessione internet, unico appiglio al mondo civilizzato che rimane al povero scriba. Quindi attendo, con fiducia, e vado a fare la spesa al super mercato Albona, che c’ha delle cassiere interessanti.


Ore 14.35

Sapevo che non dovevo sfidare il meteo di questo paese. Se un intero stato si chiama Montequalcosa non ci si può aspettare che sia eternamente riscaldato da raggi tiepidi e benevoli. Ed io invece no, mi beavo e dicevo, non fa mica freddo in ‘sto posto trallallerotrallallà. E come è giusto che sia sono stato punito per la mia arroganza. E alla pioggia s’è sostituita una nevicata di quelle che fanne gioire i bambini e bestemmiare i grandicelli. Continua imperterrita la mancanza di connessione con il mondo. Quest’inverno la vedo tesa e tetra..

Skadar Lake

Ecco un'immagine del bellissimo Skadarsko Jezero, visitato domenica scorsa.

II settimana in montenegro

Ho appena perso tre partite di fila a dadi contro Miles. Ieri è andata meglio, 2 a 2. Il gioco è Wimpout, una scossa di adrenalina, qui a Plužine. Però ti fa passare la serata, e questo basta.

Oggi parlavo con Brano, il ragazzo che lavora con noi, che vive a Nikšič, città il cui merito è unicamente quello d’essere la sede della Nikšičko, una birra non male, dico, Nikšič, non New York, ma manco Casalpusterlengo, per dire, non c’è il cinema a Nikšič, anche se fa ben 20.000 cristiani (ortodossi), e, Brano, si chiedeva come facessimo a vivere a Plužine. E che ne so Brano. Come si fa.. ci si ammazza di libri, film sul pc (in TV è però possibile gustare meravigliose telenovele argentine in lingua originale), si gioca a dadi e nel we ci si lancia in esplorazione dell’habitat.

Ma ciò di cui volevo parlare è l’ospitalità montenegrina. Per lavoro siamo spesso in giro, per verificare l’andamento delle varie attività, lo stato di ubriacatura degli sfalciatori che puliscono i sentieri per il trekking, per constatare che, data l’umidità e la freddazza, l’intonacatura del centro multifunzionale non si asciugherà prima del 2014. Insomma, con la nostra fida Lada 4x4 ce la giracchiamo. Ieri ci siamo fermati nei pressi della casa di un autoctono, per consegnare una tanica di benzina per la motosega e una stecca di Drina (mitiche sigarette balcaniche). Il padrone di casa s’è impuntato e c’ha invitato a prendere una kafa. La moglie, sorridente ha intavolato, prima che ce ne rendessimo conto, piatti di salame, prosciutto e formaggio, tutto rigorosamente fatto in casa. La rakjia (una specie di grappa buona anche come combustibile) poi, non si è potuta proprio rifiutare, senza incappare in alte e incomprensibili grida di protesta, che hanno avuto termine solo con l’accettazione rassegnata e sorridente del brucia budella. E che siano le 3 di pomeriggio e che tu abbia appena pranzato non è una cosa facile da spiegare ma anche se lo fosse non gliene fregherebbe un granché. Così si attacca il formaggio, tra l’altro buonissimo, in cui capita di trovare qualche pelo, non sai se sperare umano o animale, il prosciutto, il pane fatto in casa. E quando sembra che siano soddisfatti e poggi la forchetta eccoli portare la torta. Mitici!

I settimana in Montenegro

I primi giorni sono stati uno scapicollarsi continuo tra Podgorica e Plužine per riunioni, cene, richieste di documenti.





Le due località, pur distanti un centinaio di km, sono separate da 2 ore buone di curve, tornanti, vallate percorse rigorosamente dopo le 4 e mezza di pomeriggio, ossia al buio, senza scorgere null’altro se non i 5 metri illuminati dai fari della nostra Lada 4x4. Una macchina che è il corrispettivo della Ural con quattro ruote, per chi se ne intende. Zero aderenza, lenta sull’asfalto quanto inadatta allo sterrato, lunga e poco maneggevole, angolo di sterzo praticamente inesistente. Un frigo con le ruote.

Contatti con i locali ancora scarsi, la poca dimestichezza con la lingua rappresenta, per ora, un ostacolo difficile da aggirare. Mi sono messo alla ricerca di un insegnante english speaker, cosa non facile, in questa terra dimenticata dai lupi e schifata da pandemie e pestilenze

I primi giorni, si diceva, hanno visto, nell’ordine: martedì, appena arrivato, proiezione di film organizzata dall'ambasciata italiana, con successivo aperitivo con ambasciatore e espatriati vari in terra montenegrina. Mercoledì arrivo a Pluzine, conoscenza col padrone di casa con annesse raccomandazioni di non tenere lo sputa-calore sempre acceso che sennò consuma. Sé.

Da giovedì sera a sabato mattina a Podgorica per i vari impegni con la burocrazia locale, che se la gioca ai punti con quella italiana in quanto a flessibilità delle pratiche e modernità delle strutture. Sabato pomeriggio partenza per il parco di Biogradska. Arrivo a Kolašin dopo 3 ore d’auto schivando rocce sulla strada e rischiando continui fuoripista. Cena a base di zuppa, agnello e patate, una carne che solo la pecora della zia Laura potrebbe far dimenticare. Domenica il programma “passeggiata nel parco” viene accantonato, con mio sommo risentimento, quando il padrone di casa si offre di farci da guida, lui in quad, noi in jeep. Cosa di cui amaramente avrà modo di pentirsi, dovendo aspettarci ad ogni curva più stretta di una parabolica di Monza. E così, dopo altre 3 ore di rally nel parco e 3 per tornare a casa, e la scoperta dell’impianto sputa-calore ko (13 gradi sono un’ottima temperatura per svegliarsi riposato), finisce la prima settimana, qui nell’ex Yugoslavia.